I veri alchimisti

Category: Attualità, Storia,

rappresentazione-alchimiaIn un periodo in cui l’Alchimia sembra essere tornata di moda e in cui spuntano come funghi divulgatori, facilitatori di antiche conoscenze modernizzate che si autoproclamano senza remore “nuovi alchimisti”, penso sia utile dare uno sguardo a cosa ci dice la storia riguardo. Gli alchimisti non davano corsi, in pubblico si guardavano bene dal definirsi tali ma, nel privato del loro piccolo laboratorio e lontano dalla gloria del mondo, hanno dedicato la loro vita alla Grande Opera.

Per ovvie ragioni quello che segue è solo un accenno su quanto ci sarebbe da dire. Per chi volesse approfondire mi sento di consigliare la fonte principale di questo articolo e cioè l’ottimo libro dello storico Serge Hutin che potete acquistare a questo link…

Gli Alchimisti nel Medioevo, di Serge Hutin

Gli Alchimisti nel Medioevo, di Serge Hutin

Cos’è l’Alchimia?

ruggero-baconeCominciamo quindi col definire cos’è l’Alchimia. Il noto alchimista inglese Ruggero Bacone (o Roger Bacon noto anche con l’appellativo di Doctor Mirabilis, 1214 circa –1294), definisce l’Alchimia come…

…la scienza che insegna a preparare una certa medicina o elisir che proiettato sui metalli imperfetti, comunica loro la perfezione nel momento stesso in cui vengono ottenuti.”

Parallelamente alla trasmutazione dei metalli avviene un cambiamento anche all’interno dell’alchimista. Lo storico Serge Hutin a proposito ci dice…

L’adepto, restaurando in sé la gloriosa condizione di Adamo prima della caduta, passerebbe dallo stato di natura a quello di grazia. Riconquisterebbe così l’immortalità perduta, compiendo la grande metamorfosi – per morte e resurrezione dell’Adamo caduto – permettendo all’essere umano di ridiventare di fatto l’essere divino che è in potenza e che fu all’origine del presente ciclo di manifestazioni.

basile-valentinAvviene quindi una “purificazione” sia nel metallo che nell’uomo. L’alchimista tedesco, nonché monaco benedettino, Basile Valentin (Basilius Valentinus 1565-1624) afferma…

“Noi poveri umani, siamo impuri sulla terra a causa dei nostri peccati (e lo abbiamo ben meritato) finché, putrefatti dal tempo, siamo rianimati dal calore del divino. Allora, adeguatamente fatti chiari, purificati, possiamo elevarci attraverso la sublimazione celeste che separa (…) tutti i nostri peccati e le nostre impurità.”

Le origini

tubailkanMa quanto è nata l’Alchimia? Non considerando l’Alchimia orientale (che sarà probabilmente trattata in un articolo a parte), possiamo cominciare dicendo che la leggenda la vorrebbe introdotta dagli angeli decaduti di cui parla la Genesi (cap. V), discesi sulla terra dove avrebbero assicurato la propria discendenza. E’ proprio da questa discendenza che sarebbe nato Tubalcain, prestigioso maestro nella lavorazione dei metalli che considerato appunto il primo alchimista.

02_tavola-smeraldinaEGITTO – Storicamente invece l’invenzione dell’alchimia viene attribuita a un personaggio misterioso, che gli alchimisti greci di Alessandria chiamavano ERMETE TRISMEGISTO, “tre volte grande”, a cui viene attribuita la celebre “Tavola Smeraldina“. Personaggio presentato talvolta come un essere soprannaturale (il Thoth egizio, dio della saggezza e della scrittura, presso i Greci lo assimilato a Ermes) talaltra come un personaggio storico che sarebbe vissuto dal 1399 al 1257 a.C..

Hutin ci dice che sebbene….

“…allo stato attuale delle ricerche non si sono ancora potuti scoprire i testi alchemici originari redatti in egiziano (cosa che sicuramente non basta a negare l’esistenza dell’arte sacra in epoca faraonica), è comunque in Egitto – ma in un’epoca tardiva, cioè grosso modo nel II, IV e V secolo dell’era cristiana e scritti in lingua greca – che fioriranno i primi testi alchimistici noti: quelli degli adepti di Alessandria.

ARABI (VI sec.) – L’invasione dell’Egitto da parte degli Arabi permetterà il radicamento delle ricerche alchimistiche in tutto il mondo islamico, facendo del principe ommiade Khalid ibn Jazid, che regnò sull’Egitto nella prima metà del VII secolo il primo degli alchimisti mussulmani.

SPAGNA (VIII sec.) – Successivamente nel VIII secolo, sempre gli arabi attraverso le loro conquiste, portano l’Alchimia in Spagna. Qui sembra avvenire il primo contatto fra la cristianità e le tradizioni mussulmane, nonché quelle ebraiche.

Bisogna però dire che sebbene alcuni testi alchimistici arabi furono tradotti già nel X secolo, fu solo nel XII secolo che l’alchimia verrà saldamente codificata e diffusa, radicandosi nel mondo cristiano.

Materie prime

Cominciamo ad indagare cosa avveniva nel laboratorio, partendo dalle materie prima utilizzate. Nell’Alchimia tradizionale si partiva da un minerale impuro per ottenere un minerale puro (l’oro). Basile Valentin ci dice che il composto doveva “riunire due corpi e uno sperma” e cioè i due principi complementari (maschile e femminile, attivo e passivo) più un sale.

Nel laboratorio avremmo quindi certamente trovato…

– Zolfo (parte ignea, elemento maschile, il sole, il re)

– Mercurio (parte volatile, elemento femminile, la luna, la regina)

– Sale o Arsenico (principio cosmico che realizza le nozze di due entità antagoniste, lo Zolfo e il Mercurio dei saggi)

Per quanto riguarda il procedimento sempre secondo l’Alchimia tradizionale era possibili due vie.

Via umida

Era il procedimento più frequente che si praticava per maturazione della materia prima nell’uovo filosofico, cioè nell’alambicco di vetro o di cristallo messo a scaldare nell’atanor (il fornello alchemico).

Il celebre (grazie soprattutto a Harry Potter) alchimista francese Nicolas Flamel (1330-1418) ci dice in proposito che bisogna…

far subire le 4 stagioni (alla materia prima) e finire in autunno, sappiate che questa scienza è conoscenza di 4 elementi e dei tempi vicendevolmente e reciprocamente mutati l’uno nell’altro”.

Hutin afferma che…

Lo svolgimento delle fasi della Grande Opera per via umida è descritto in modo simile da tutti gli autori. Si tratta di un processo che vediamo già fissato in maniera precisa nei manoscritti degli alchimisti greci dell’epoca alessandrina.

Si susseguono quindi le seguenti fasi:

  • Opera al Nero: durata 40-42gg (simbolo: testa di corvo, testa di morto – fase: putrefazione)
  • Opera al Bianco: durata 7 mesi (simbolo: cigno, detta anche Piccola Opera o Magistero o Elisir – fase: dissoluzione e ottenimento dell’argento)
  • Opera al Rosso: durata 5 mesi (simbolo: leone rosso, detta anche Grande Opera o Magistero o Elisir – fase: rubeificazione e ottinimento dell’oro e della pietra filosofale)

Via secca

Passiamo ora ad esaminare la cosiddetta via secca. Molto più breve, si parla di circa 7 o 8gg o addirittura poche ore, era detta appunto “secca” perché si preparava nel crogiolo.

Il crogiolo era il contenitore usato dagli alchimisti per la fusione dei metalli e aveva spesso il cavo a forma di croce (donde l’antica espressione francese crucible, crogiolo).

Questa era una via molto più diretta e veloce ma anche estremamente pericolosa, a causa dei rischi di esplosione. Esisteva addirittura anche una via direttissima, estremamente rapida che poteva consentire un successo quasi immediato, ma che comportava anche gravissimi rischi. Consisteva nel captare dall’atmosfera la potente energia di un fulmine durante un temporale. A qualcuno di voi suona familiare? Forse per il famoso Frankenstein Mary Shelley ha preso spunto dall’opera degli antichi alchimisti? Chissà…

L’oratorio

Hutin ci dice che…

contemporaneamente alle operazioni materiali, la Grande Opera alchimistica richiede speciali esercizi spirituali, realizzati sempre in stretta connessione con le prime. Quest’ascesi ermetica occidentale potrebbe corrispondere certamente alle tecniche segrete di visualizzazione e liberazione messe in opera dal tantrismo indù o buddista.”

Nel Mutus Liber (opera alchemica composta esclusivamente di immagini)…

mostrano la coppia di alchimisti mentre fanno determinati gesti con la mano, che nella tradizione tantrica vengono chiamati mudra. Tali atteggiamenti dovevano necessariamente essere accompagnati da formule magiche, da recitare, o meglio cantare, perché dovevano ottenere speciali effetti vibratori di immediata efficacia, in base a una modulazione che sarebbe stata rivelata dall’istruttore solo a un gruppo ristrettissimo di discepoli (…) Tali “sillabe” sarebbero identiche alle famose vocali cantate da Rimbaud: vere e proprie formule magiche che, adeguatamente emesse, determinavano alcune mutazioni nella materia, trasportando l’immaginazione dell’adepto nelle regioni superiori, finché l’illuminazione si compiva nell’estasi dell’Assoluto.”

Come altri esercizi spirituali possiamo annoverare anche le preghiere e le invocazioni davanti all’anator o al crogiolo, ma anche altre pratiche. Sono state ritrovate statuette e candelieri rituali, riferibili al simbolismo della coppia (sole/luna, maschile/femminile) che per gli alchimisti era una vera e propria “ossessione”.

Soffiatori

Non possiamo parlare di alchimisti senza citare la loro ombra oscura. Chiunque infatti poteva decidere un giorno della sua vita di mettersi a praticare l’alchimia, procurandosi alcuni manoscritti e allestire un laboratorio per poi passare alla pratica. Non avevano però alcuna speranza di riuscire a compiere la Grande Opera, finché non avessero incontrato un maestro che lo introducesse nei segreti decisivi.

Il titolo di adepto è tradizionalmente riservato per designare il vero alchimista, in contrapposizione appunto a coloro che improvvisatisi alchimisti senza alcun maestro si sforzavano di trovare per tentativi l’allettante segreto della fabbricazione dell’oro e venivano chiamati con tono volutamente dispregiativo “soffiatori” o “empirici”.

Gli adepti si prendevano gioco spesso degli sforzi frenetici tentati dai soffiatori con le sostanze più diverse tratte spesso dal regno animale (serpenti, scorpioni, vermi, gusci d’uovo, sangue, rospi, capelli, fiele e urina).

Gli adepti sapevano che non era possibile trovare la Pietra Filosofale se non per colui che avesse raggiunto l’illuminazione piena che sempre presuppone le operazioni sottili tramite le quali si opera nell’adepto la morte del “vecchio uomo” e la nascita dell’uomo interiore spiritualmente rigenerato.

Come detto prima una delle caratteristiche infatti che distinguono il locale in cui opera un vero alchimista dall’antro dei soffiatori era la necessità costante nell’alchimia tradizionale di associare regolarmente al laboratorio un locale consacrato alla preghiera e agli esercizi spirituali.

Nella seconda parte del Romanzo della Rosa si vede la natura personificata rimproverare il soffiatore che pretende di ridurre l’arte sacra a una serie di manipolazioni semplicemente materiali.

Hutin ci dice a proposito di loro che…

la speranza di avere successo nell’Opera partendo da una materia organica certamente spinse alcuni “soffiatori” a smarrirsi nel sinistro mondo delle pratiche di magie nere. Consigliato dal sacerdote spretato Francesco Prelati, il famigerato maresciallo Gilles de Rays, che era stato valoroso compagno d’armi di Giovanna d’Arco arrivò a sacrificare dei fanciulli per procurarsi il sangue giovane ritenuto indispensabile per il successo della Grande Opera. Ma, se il caso di Gilles de Rays può essere giudicato da sé (alcuni storici considerano il processo come una macchinazione politica), esistettero però senz’altro falsi alchimisti, che non esitarono ad abbandonare la buona strada per coltivare vere e proprie aberrazioni del genere”.

Differenze tra Alchimia e Chimica

L’incontro con i soffiatori ci permette ora di analizzare un aspetto essenziale, ovvero cosa differenzia l’antica Alchimia dalla moderna Chimica?

L’Alchimia e la Chimica costituiscono due universi, due visioni del mondo radicalmente distinte e incomparabili.

Cominciamo col dire che l’Alchimia è un sapere tradizionale e sacro, in cui l’idea di scoprire il “nuovo” non ha senso, fondato sulla trasmissione di segreti. E’ un’arte in cui si compiono certamente operazioni di laboratorio, ma in cui interferiscono con campi diversi dal semplice dominio della materia.

Sempre il nostro Hutin puntualizza…

talvolta, nel corso delle operazioni veniva scoperto un nuovo composto chimico, ma la successione restava identica, come pure gli strumenti artigianali usati. Gli abiti portati dagli alchimisti variavano certamente da periodo a periodo, ma ciò che essi facevano nell’oratorio come in laboratorio, non mutava assolutamente, di padre in figlio, da maestro ad allievo. Era veramente l’opposto della chimica e delle tecniche contemporanee: in tutto il Medioevo l’alchimia non variò, né i suoi fini, né nelle sue aspirazioni e nei suoi metodi”.

Alchimia e Astrologia

Va annoverato certamente in questo excursus l’apporto dell’astrologia nel processo alchemico. Non solo gli adepti credevano nel valore delle previsioni astrologiche correttamente stabilite, ma legavano intimamente tra loro queste due arti occulte. Più precisamente si riteneva indispensabile un’effettiva conoscenza dell’astrologia per riuscire nelle successive operazioni della Grande Opera. Nella pratica cercavano di far coincidere la loro impresa con una congiunzione astrale benefica della volta celeste. Senza conoscere l’astrologia, si pensava addirittura che l’alchimista fosse disarmato.

Hutin ci segnala un dettaglio interessante…

per lo storico della scienza il telescopio astronomico fu scoperto solo agli inizi del XVII secondo da Galileo. Ma fu veramente così? L’alchimista Ruggero Bacone aveva progettato uno strumento di quel tipo. Secondo certi testi, il successo della Grande Opera richiedeva la captazione, a un certo momento (come? Appunto con una specie di cilindro, simile a un cannocchiale) puntato verso una determinata parte del cielo)

La Pietra Filosofale

Culmine ultimo della Grande Opera non era l’oro ma il raggiungimento appunto della mitica Pietra Filosofale.

Ma come era fatta e in cosa consisteva?

Basile Valentin ci dice che era solida e si presenta in forma coagulata e cristallizzata, ma era possibile anche a temperatura normale stabilizzarla allo stato liquido.

Berigardo da Pisa ci dice che “aveva l’odore del sale calcinato e il colore del papavero selvatico

Ecco un estratto invece di Nicolas Flamel a proposito…

Lodato sia Dio eternamente, che ci ha fatto la grazia di vedere questo perfettissimo color porpora, questo bel colore del papavero campestre di roccia, questo colore di Tiro scintillante e fiammeggiante che è soggetto ad alternarsi è a mutare: sul di esso il cielo stesso e il suo zodiaco non possono avere dominio né potenza, il cui splendore irradiante e folgorante sembra in qualche modo comunicare all’uomo qualcosa di sovraceleste facendola (quando egli la contempla e la conosce) tremare e fremere a un tempo.”

Dettaglio del “Banco dell’Alchimista” esposto dalla Compagnia di San Giovanni (RI).

Usi…

Per trasmutare velocemente il metallo in oro la cosiddetta “polvere di proiezione” veniva avvolta in carta e poi in uno strato di cera plasmata a forma di palla. Quando il metallo era fuso veniva gettata nel crogiolo.

Troviamo uno strano uso invece nel Libro della Santissima Trinità che afferma…

Tenuta nel cavo della mano rendeva invisibili. Se la si cuce in un lino fine, e questo si porta ben serrato intorno al corpo in maniera da scaldare bene la pietra, ci si può innalzare per aria quanto si vuole. Per scendere basterà allargare leggermente il lino

Per usi medici la pietra filosofale doveva essere assunta sotto forma di preparato liquido, definito in molti testi “oro potabile”.

L’alchimista Denis Zachaire (1510–1556) afferma…

Per usare il nostro grande re per ritrovare la salute (l’elisir), bisognava prenderne un grano pesante e farlo sciogliere in un vaso d’argento con del buon vino bianco, che si colorerà di giallo citrino. Poi fatene bere al malato un po’ dopo la mezzanotte e sarà guarito in un giorno se la malattia dura da un mese, in dodici giorni se è malato da un anno, e se lo è da moltissimo tempo sarà guarito in un mese, facendo come abbiamo detto ogni notte”.

L’immortalità

Eccoci arrivati al raggiungimento supremo, l’immortalità. L’alchimista purificato dal suo ego e dai suoi peccati può vivere per secoli. Le leggende vogliono che inscenino la loro morte e cambino ideantà di tanto in tanto, per poter proseguire la loro vita e il loro percorso indisturbati.

Ma come avveniva questo cambiamento del corpo che permetteva all’uomo in stato di grazia di vivere per sempre?

Dopo allarmanti fenomeni spettacolari (perdita dei capelli, dei denti e delle unghie) intervenivano altri processi, che segnavano l’avvento della rigenerazione totale dell’organismo.

Nella tradizione ermetica esistevano in verità due metodi ben distinti per vincere l’invecchiamento e la morte.

Il primo consiste nella sopravvivenza dello stesso corpo in piena fioritura fisica (l’aspetto sarebbe quello di una persona dai 30 ai 40 anni) attraverso i secoli.

Nel secondo l’adepto, “scoagulando” il suo corpo fisico e “coagulando” quello psichico, avrebbe abbandonato il nostro modo di esistenza fisica per vivere ormai un’esistenza libera dai limiti dello spazio e del tempo. Probabilmente quello che in altri contesti filosofico/religiosi viene chiamata “ascensione”.

Fonte: MasterOfMind.it

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