Una donna potrebbe aver sconfitto l’hiv senza nessun trattamento medico

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La paziente da decenni non ha tracce di hiv rilevabili nelle proprie cellule. Alcuni esperti ritengono possa aver debellato il virus senza trattamenti: un caso eccezionale all’interno di quella minoranza di pazienti che oggi si scopre relegano naturalmente il virus nelle zone del genoma non trascritte

hiv
(immagine: Getty Images)

Con hiv oggi si convive: farmaci antiretrovirali efficaci controllano l’infezione, ma purtroppo non si guarisce. Questo è vero per la stragrande maggioranza dei pazienti, eccezion fatta per un paio di casi – il paziente di Londra e quello di Berlino – che sono stati dichiarati guariti dopo aver subito un trapianto di midollo osseo, che li ha resi resistenti all’infezione. Ed è recente anche il caso del paziente di San Paolo che sembra (ma è ancora da accertare) aver sconfitto il virus dopo un trattamento sperimentale e molto aggressivo con farmaci antiretrovirali.

Oggi però arriva una notizia che ha dell’incredibile, un’eccezione alla regola: una donna di 66 anni da decenni non avrebbe più tracce rilevabili di hiv nel proprio organismo e senza aver preso farmaci o essersi sottoposta a altri trattamenti. Lo rende noto su Nature un team di ricercatori statunitensi, citando il caso all’interno di uno studio più vasto che ha confrontato milioni di cellule di persone sieropositive in terapia antiretrovirale con quelle dei cosiddetti elite controllers, ossia una minoranza di pazienti sieropositivi (0,5-1% del totale) il cui sistema immunitario riesce da solo a controllare hiv. Gli scienziati hanno scoperto che negli elite controllers i geni del virus sono relegati all’interno di porzioni del genoma cellulare silenziate, annullando quindi la possibilità del virus di replicarsi. La scoperta riaccende la speranza di una cura funzionale anche in altre categorie di pazienti, che nel mondo sono circa 37 milioni.

L’eccezione alla regola

La paziente che pare essere guarita spontaneamente dall’infezione da hiv ha 66 anni e vive in California. Ha contratto l’infezione nel 1992 ma ormai da decenni non si trova traccia del virus nei suoi esami. Possibile che il virus sia scomparso? Chenyang Jiang e i suoi colleghi hanno raccolto e analizzato più di un milione di cellule di diverso tipo della paziente, scansionandone il materiale genetico alla ricerca dei provirus, cioè di geni di hiv integrati nel genoma dell’ospite, ma non hanno trovato nessuna copia funzionale. Per questo gli esperti ritengono che sia possibile che la donna sia l’unico caso al mondo di una persona che senza l’ausilio di farmaci o altri trattamenti è davvero guarita dall’infezione.

Gli elite controllers

Questa paziente, se il tempo e l’applicazione di tecnologie sempre più sofisticate lo confermeranno, sarebbe l’eccezione alla regola più eccezionale. Tuttavia da tempo si sa che c’è una piccola minoranza di pazienti contagiati da hiv, che gli esperti chiamano elite controllers che sviluppa una forte reazione immunitaria all’infezione e riesce a controllarla senza farmaci antiretrovirali. In altre parole il virus non è più rilevabile negli esami, e, anche se si è integrato nel genoma delle cellule, non si replica e non si trasmette.

Cos’hanno di diverso gli elite controllers rispetto alla stragrande maggioranza dei pazienti sieropositivi? Per scoprirlo i ricercatori statunitensi hanno scandagliato il genoma di milioni di cellule sia di pazienti in terapia antiretrovirale sia di elite controllers, alla ricerca dei provirus. Quello che hanno scoperto è che i geni di hiv negli elite controllers sono presenti in un ridotto numero di copie e sono inseriti in regioni del genoma cellulare silenti – quelle che non codificano per proteine, che hanno una funzione strutturale (come i centromeri dei cromosomi) o che sono sottoposte a modificazioni epigenetiche che ne reprimono la trascrizione. I provirus negli elite controllers sono intatti, quindi avrebbero anche la potenzialità di riaccendere l’infezione, ma hanno scarse probabilità di essere replicati dal macchinario cellulare.

I ricercatori sono andati oltre e, sulla base di alcune evidenze, ipotizzano anche una spiegazione a questo scenario: la forte reazione del sistema immunitario negli elite controllers selezionerebbe le cellule infettate da hiv eliminando quelle che contengono provirus con maggiore possibilità di replicarsi. Per confermare quest’idea, però, occorrerà osservare i pazienti per molto più tempo.

Una speranza per tutti?

La scoperta ha un enorme valore scientifico e porta con sé anche dei risvolti pratici. Gli autori infatti sottolineano come le nuove scoperte costringano a ripensare al modo in cui vengono valutati i serbatoi di infezione nei pazienti. Non dovrebbe più essere valutata solo la quantità ma anche la qualità (integrità e siti di integrazione) dei provirus.

Un’altra sfida sarà capire se una situazione simile a quella degli elite controllers si possa ricreare anche in tutti gli altri pazienti che non controllano spontaneamente l’infezione. È possibile, per esempio, che dopo anni e anni di terapia antiretrovirale le cellule infettate si selezionino e non sia più necessario assumere farmaci? Oppure dobbiamo concentrarci sulle nuove terapie (come quelle a base di linfociti Car-T) che oltre a impedire la replicazione del virus potenzino la risposta immunitaria dei pazienti?

 

Fonte: https://www.wired.it/scienza/medicina/2020/08/28/hiv-donna-guarita/

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